LINO ALDANI, Parabole per domani, Chieti, Solfanelli, 1987, pp. 203
Dalla raccolta Parabole per domani di Lino Aldani prendiamo uno tra i racconti più emblematici (altri lo sarebbero), 37 centigradi. Due ragazzi, Nico e Doris, si vogliono bene e vorrebbero sposarsi, ma non hanno i soldi necessari. Lui, in particolare, soffre per la mancanza di un automobile, anzi - poiché siamo nell'Italia del futuro - di una "levocar", una macchina che può volare, come l'hanno tutti. Fin qui siamo, più che nel classico, nel banale, ma andando avanti si precisano i contorni della società e la storia acquista interesse. Il motivo per cui Nico riesce appena a sopravvivere, pur avendo un lavoro, è che si pagano molte tasse - troppe - per l'assistenza sanitaria; anzi, in questo mondo futuribile più che futuristico sembra che la salute sia in cima alle preoccupazioni del governo, tanto che è obbligatorio avere sempre la maglia di lana (d'inverno), portarsi dietro il termometro e una scorta di pillole tipo aspirina e vitamine varie (gli agenti possono perquisirvi), è vietato alle coppiette intrattenersi nei parchi a causa dell'umidità degli alberi e via di questo passo. Per tutto questo si paga un contributo tale che, quando Nico, stufo, decide di rinunciare all'assistenza, può tranquillamente permettersi di acquistare immediatamente la sospirata levocar. Naturalmente succederà che si ammala, ma il finale amaro non fa che rendere ancora più credibile e tragica la storia, che, occorre precisarlo subito, non ha la maggiore rilevanza per la descrizione di una società distopica, ma per la caratterizzazione dei protagonisti e per la narrazione di come gli individui reagiscono ai fatti, seppure immaginari (peculiarità questa costante della migliore fantascienza e della produzione di Lino Aldani in particolare).
Ora, questa antologia raccoglie una serie di racconti già apparsi nelle sedi più disparate (ottima iniziativa dell'editore Marco Solfanelli, che consente ad autori meritevoli ma costretti alla pubblicazione di novelle sparse la soddisfazione di un libro), e questo racconto che parrebbe una satira attuale - risale al 1963, quando non si parlava di usl, di servizio sanitario nazionale, di tassa sulla salute o di saub, eppure mantiene intatta tutta la sua carica di denuncia sociale e tutta la sua validità di opera narrativa.
Tutto ciò, non per riproporre ancora una volta la fantascienza come narrativa di "anticipazione" tecnologica e/o sociale, interpretazione questa prima fraintesa e poi diffusa da critici orecchianti, ma semmai per l'esatto opposto: rivendicare cioè alla (buona) narrativa fantascientifica il ruolo di letteratura impegnata, didattica se si vuole, ma "morale", la cui validità non sta nell'anticipazione, ma nel delineare i caratteri (sociale e psicologici) che conseguono all'ipotesi immaginaria (e poco importa se l'immaginazione trova in seguito o meno un riscontro nella realtà) o meglio, per usare un termine tecnico, all'ipotesi "estrapolata" dalle tendenze contemporanee, con il raggiungimento quindi di valori universali quali sono quelli trasmessi dal resto della letteratura. Perché un robot di Asimov o un alieno di Simak o un'astronave di Heinlein non potrebbe avere la stessa importanza di madame Bovary, di Re Lear o di don Abbondio?
Aldani quindi, come altri scrittori italiani, scrittore emblematico di un modo di intendere la fantascienza che è, inoltre, tutto italiano. Lo rileva nella presentazione al volume Oreste Del Buono il quale trova il modo di inserire Aldani a pieno diritto nell'ambito della tradizione fantascientifica (perché, tutto sommato, la fantascienza è in effetti internazionale - io ho già scritto: universale) e contemporaneamente di definirlo "lo scrittore più italiano che conosca", affermazione senza dubbio "forte", nel panorama della letteratura italiana. (Sarà comunque per questi motivi che Lino Aldani è lo scrittore fantascientifico italiano più noto in patria e all'estero, con all'attivo quasi duecento pubblicazioni tra romanzi. novelle e raccolte, e traduzioni in 13 lingue, compresa l'inglese, sempre ostica nei nostri riguardi. Di Aldani si vedano almeno Quando le radici [La Tribuna], Eclissi 2000 [De Vecchi], Nel segno della luna bianca [Nord, in collaborazione con Daniela Piegai]).
E ha ragione Del Buono. Perché Aldani ci parla del mondo del futuro, di strani macchinari e di viaggi temporali, di alieni e di pianeti lontani, di automi e di bambole di gomma, ma ci parla anche di nebbie padane e di urbanizzazione, di pesca e di vita cittadina, di Resistenza e di prostitute, di rapporti tra padre e figlio e tra moglie e marito. Ci parla di uomini e di donne, di ragazzi. Ci parla dell'Uomo.
Questa è fantascienza.
Gian Filippo Pizzo
Da "Future Shock", n.1, giugno 1988
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