LA PAROLA batte l'immagine e supera la musica perché è suono, ma anche significato.
(da "La parola e l'immagine" di Franco Ferrarotti — Solfanelli, 2014 — pag. 18) * * *
Nella società della comunicazione in cui — più o meno consapevolmente — siamo immersi ogni giorno, sappiamo ormai che l'immagine tende sempre più a prevalere sulla parola. Lo sanno bene i politici, e non solo quelli nostrani, che infatti privilegiano l'una sull'altra: l'apparenza sulla sostanza; il look sul ragionamento; la trovata o l'effetto mediatico sui contenuti e perfino sui valori.
Non è tutta colpa della televisione, sebbene questa abbia certamente la maggior parte di responsabilità. Ma, piaccia o no, è un dato di fatto e non serve a nulla recriminare. Semmai può essere più utile riflettere sui vari aspetti di questo fenomeno, anche per adottare qualche antidoto, per difendere la propria identità e autonomia culturale, per salvaguardare il primato della ragione rispetto all'emotività e alla superficialità.
È proprio quello che aiuta a fare il prezioso volumetto del sociologo Franco Ferrarotti, citato all'inizio di questa rubrica e fresco di stampa, che reca un invitante sottotitolo: "Note sulla neo-idolatria del secolo XXI". Da una parte, appunto, la crisi della parola; dall'altra, il trionfo dell'immagine. Non si tratta soltanto della società dello spettacolo. "È la società — osserva l'autore — in cui sono crollate le ideologie e con esse si sono liquefatti anche gli ideali, il vincolo logico, il principio di non contraddizione, la consecutio temporum , la regola della coerenza".
La parola, dunque, come mezzo fondamentale per comunicare un concetto o un'idea; per articolare un ragionamento; per elaborare un'opinione, una teoria o un programma; e infine per confrontarsi con gli altri in un rapporto dialettico. L'immagine, invece, come strumento per trasmettere un'impressione, una suggestione, un imbonimento. A ben vedere, è la differenza che passa nel campo dell'informazione tra i giornali, di carta o elettronici, e quel grande persuasore occulto che è la televisione. E naturalmente, sul piano culturale, comprende anche i libri.
Nel suo "Intervento" editoriale, il sociologo insiste in particolare sul valore della parola come "voce e suono e senso". E avverte: "Ritenere che l'immagine, nel suo maestoso mutismo, possa soppiantare totalmente — nel prossimo futuro — il suono puro, vale a dire il semplice suono, prescindendo dall'eventuale significato è una perdita secca, forse irreparabile". Ne fa esperienza chi frequenta abitualmente i social network, da Twitter a Facebook, scontando la difficoltà di scambiare idee e opinioni attraverso la parola scritta, a distanza, nell'immediatezza della comunicazione istantanea e nella ristrettezza degli spazi, con il rischio dell'equivoco e della polemica sempre in agguato.
Il saggio di Ferrarotti contiene alla fine un inno alla lettura, intesa come esercizio personale di emancipazione e di gratificazione. Non a caso il sociologo cita i dati sconfortanti dell'Istat secondo cui il 94,9% degli italiani guarda la tv, il 59% ascolta la radio, il 56,6% legge quotidiani e appena il 44% legge libri. A suo avviso, però, "il libro non è morto"; "va riscoperto e analizzato il piacere della lettura". E non c'è dubbio che anche i media dell'immagine, a cominciare dalla televisione e in particolare da quella pubblica, potrebbero fare molto di più per diffondere e alimentare questa sana abitudine collettiva.
"Leggere — conclude Ferrarotti — è dunque un'attività che non fa rumore, salvo forse il lieve frusciare del voltare le pagine, ma è tutt'altro che un'attività puramente passiva". C'è infatti il "piacere della lettura", come scoperta, avventura, analisi del mondo circostante e come auto-analisi. E c'è anche "la fatica di leggere", cioè l'impegno, l'applicazione che "può giungere all'autochirurgia, al riorientamento profondo di sé e della propria vita". Vale per il libro e può valere in qualche misura per i giornali, quotidiani e periodici, che fanno informazione e opinione alimentando così la coscienza critica dei cittadini.
( sabato@ repubblica. it)
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